LaCulturaDelDato #188
Dati & algoritmi attraverso i nostri 5 sensi
For my English speaking friends, click here for the translated version
Ciao,
sono Stefano Gatti e questo è il centottanttottesimo numero della newsletter LaCulturaDelDato: dati & algoritmi attraverso i nostri 5 sensi. Le regole che ci siamo dati per questo viaggio le puoi trovare qui.
🚀 Questa puntata è sponsorizzata da “Data Masters”
Nel 2025, l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale sta prendendo una direzione chiara: gli agenti AI stanno diventando protagonisti nel mondo del lavoro. OpenAI ha recentemente lanciato l’Agents SDK, una piattaforma open-source che consente agli sviluppatori di creare, orchestrare e monitorare flussi di lavoro complessi tra agenti intelligenti. Questo strumento semplifica la costruzione di applicazioni AI avanzate, come assistenti virtuali, automazione dei flussi di lavoro e ricerca intelligente, offrendo un controllo preciso e una sicurezza integrata. Un aspetto chiave del nuovo Agents SDK è l’introduzione del Model Context Protocol (MCP), uno standard che semplifica e ottimizza i flussi di connessione tra gli agenti e strumenti e risorse esterne, garantendo integrazioni più modulari, robuste e sicure.
La domanda di sviluppatori con competenze nella creazione di applicazioni agentiche è destinata ad aumentare in modo esponenziale. Proprio per questo, Data Masters ha sviluppato un nuovo corso pratico e completo sull’OpenAI Agents SDK.
Il corso è prettamente pratico e focalizzato su un caso d’uso reale: la creazione di MAYA, un assistente che si interfaccia con il nostro calendario, le nostre email e il nostro Google Drive per conoscere le nostre attività e aiutarci nell’organizzazione delle stesse. Durante le lezioni, i partecipanti avranno la possibilità di interfacciarsi con le API di Google, accedendo a tutti gli strumenti utili per creare un vero agente di supporto al lavoro di tutti i giorni.
Il corso è disponibile con uno sconto lancio del 50%, ancora per pochi giorni. Non perdere l’opportunità di essere tra i primi a padroneggiare questa tecnologia emergente e di acquisire competenze che sono già richieste dalle aziende più innovative.
Scopri di più e prenota il tuo posto: https://datamasters.it/catalogo/corsi/openai-agents-sdk/
Data Masters è una Tech Academy italiana che offre percorsi di formazione per professionisti e aziende in Data Science, Machine Learning e Intelligenza Artificiale.
Ed ecco i cinque spunti del centottanttottesimo numero:
👀 Data Science. Calling Bullshit: il corso di Bergstrom e West che ci salva (forse) dalle sciocchezze
Incominciamo con una buona notizia: il corso “Data Reasoning in a Digital World” di Jevin West e Carl T. Bergstrom è ancora presente nella programmazione della University of Washington anche per l’autunno del 2025. E negli Stati Uniti del presidente Trump e del segretario alla Salute e ai Servizi Umani Robert Francis Kennedy Jr., questa è un’ottima notizia. Anzi, una splendida notizia che ci dà speranza e resilienza per il futuro 🙂.
In realtà, in questa sezione della newsletter ti ri-segnalo un approfondimento che era stato il più amato da voi tre anni fa, nella 67ª puntata di questa newsletter.
Ce lo aveva segnalato, in una delle prime interviste che avevo fatto,
. Anzi, per la verità Martina ci aveva fatto conoscere lo splendido sito “Calling Bullshit” (traducibile in “smascherare sciocchezze”), realizzato da C. Bergstrom e J. West della University of Washington. Un sito che insegna a riconoscere gli usi sbagliati e ingannevoli dei dati, tipicamente nei media e in politica, e a ragionare con puro spirito critico.Ti confesso che in questi tre anni, nei momenti di sconforto umano davanti all’avanzare delle sciocchezze e delle falsità, sia nel mondo digitale che in quello fisico, il sito mi è stato di grande aiuto: un porto sicuro dove rifocillare e nutrire la razionalità.
I due autori hanno affiancato al sito anche un libro, dal titolo omonimo, e soprattutto mettono a disposizione il syllabus del bellissimo corso universitario e le registrazioni di tutte le lezioni su YouTube. Ti consiglio di non perderti l’inizio del corso: meno di 10 minuti in cui Jevin West e Carl T. Bergstrom lo presentano in maniera ironica e brillante. E poi ti sarà francamente difficile smettere di seguirlo 🙂. Tra i materiali che propongono nella prima settimana di corso c’è anche la mitica legge di Brandolini, attribuita all’omonimo programmatore nerd italiano. Te la lascio da leggere nella storica foto da cui è stata “solidificata in legge”.
E se, nonostante lo splendido sito “Calling Bullshit”, ti senti ancora impotente e frustrato dalle sciocchezze antiscientifiche e dagli eventi negativi che sembrano travolgerci, ti segnalo questa puntata di Wilson di Francesco Costa: “Perché ci sentiamo impotenti, e come uscirne”, a volte ☹️.
👃Investimenti in ambito dati e algoritmi. Deal flow, scenari e investimenti: come l’AI sta cambiando il Venture Capital
Una delle domande che si sente fare più spesso in ambienti legati al Venture Capital, in questo momento, è quanto sia, e sarà, importante usare bene i dati (e anche l’AI) quando si devono prendere decisioni su dove e come investire. Come tutte le domande complesse, la risposta non è quasi mai unica e dipende molto dalla fase del processo a cui ci si riferisce. Per provare a rispondere, sicuramente è molto utile seguire Andre Retterath, le sue ricerche e soprattutto il suo Substack datadrivenvc, in cui esplora molto bene tutte le fasi del ciclo di vita di un VC, suggerendo diverse buone pratiche. Alla fine, lui è convinto che i dati (e l’AI) siano e saranno sempre più importanti, e lo articola molto bene in questo post, partendo dalla tesi opposta proposta da un altro esperto del settore. Se vuoi approfondire il tema, un ottimo punto di partenza è la ricerca-osservatorio che Retterath pubblica ogni anno: quella del 2025 è particolarmente utile per rispondere proprio alla domanda da cui siamo partiti.
Personalmente penso che la fase di deal flow standard (cioè la ricerca di start-up già attive su canali digitali “tradizionali” come LinkedIn) stia diventando sempre più una commodity. Di conseguenza, c’è sempre meno spazio per differenziarsi. Ma l’accelerazione che l’AI generativa ha dato alle tempistiche per creare un buon prodotto o servizio ha, al contrario, aperto nuove possibilità per fare la differenza proprio grazie a dati e AI, andando a intercettare progetti o aziende molto interessanti in fasi decisamente embrionali. Un altro ambito in cui dati e AI faranno la differenza è nella capacità di costruire scenari e tesi di investimento con maggiore anticipo rispetto al passato.
Tutto il resto, anche se dati e AI potranno essere un valido supporto, rimarrà ancora umano. Almeno finché continueremo a investire in team in carne e ossa… e non in agenti 🙂.
🖐️Tecnologia (data engineering). Dal ML engineering all’AI engineering: raccontato semplicemente da Chip Huyen
“La rapida crescita dell’AI engineering è trainata dalla vasta gamma di applicazioni rese possibili dalle nuove capacità dei foundation model. Sono già emersi diversi pattern applicativi di successo, sia nel contesto consumer che enterprise. Nonostante l’enorme numero di applicazioni AI già in produzione, siamo ancora nelle fasi iniziali dell’AI engineering, con moltissime innovazioni ancora da sviluppare. Il termine AI engineering è relativamente nuovo, ma nasce come evoluzione del ML engineering, la disciplina più ampia che riguarda la costruzione di applicazioni basate su modelli di machine learning. Molti principi del ML engineering rimangono validi anche per l’AI engineering; tuttavia, quest’ultimo introduce nuove sfide architetturali, operative e metodologiche, insieme a nuove soluzioni per affrontarle.”
Questa è la presentazione che fa la stessa autrice, Chip Huyen, dell’argomento del suo libro AI Engineering, in un articolo pubblicato come ospite sul famoso blog The Pragmatic Engineer. Ti avevo già consigliato i lavori dell’eclettica Chip Huyen un anno fa, in un post dove, oltre al precedente libro, ti avevo segnalato anche alcuni dei migliori articoli della sua prolifica collezione. Probabilmente questa volta la Huyen ha superato sé stessa: ho ricevuto recensioni molto positive da chi ha letto il libro, anche da alcuni lettori della newsletter. Io non l’ho (ancora) letto tutto, ma ho letto alcune parti e l’articolo oggetto dell’approfondimento di oggi.
Devo dire che i contenuti mi sembrano decisamente attuali e importanti per chi si occupa oggi di tecnologia e, soprattutto, per chi scrive codice. Questo piccolo estratto, che ti riporto sotto, dal primo capitolo descrive bene le caratteristiche di una componente fondamentale della trasformazione AI in corso.
Così come questa immagine riassume in modo chiaro i principali strati dell’AI engineering con le sue componenti essenziali.
Trovo che Chip Huyen abbia la rara dote di semplificare e sintetizzare argomenti complessi senza banalizzarli.
Buona lettura! 🚀
👂🏾Organizzazione e cultura dei dati e algoritmi nelle organizzazioni. Mappe, ruoli, ponti e passi: la bussola di un CX level per navigare il labirinto delle “Corporate”
“Hai appena ottenuto un nuovo ed entusiasmante ruolo in una grande azienda. La descrizione del lavoro ti esalta: guiderai cambiamenti strategici con un mandato forte. Avrai un ruolo chiave nel percorso dell’azienda verso una maggiore efficacia nella produzione e nella progettazione. Ben presto, però, le note di Welcome to the Machine dei Pink Floyd iniziano a risuonare nella tua testa: ti trovi di fronte alla resistenza, all’atteggiamento difensivo e all’inerzia intrinseca di una grande organizzazione che ha sempre fatto le cose in un certo modo.”
Questo non è l’inizio di un gioco di simulazione per manager, ma di un gustosissimo (e utilissimo) articolo “Navigating the Corporate Maze“ di un esperto CTO e leader,
✅ Condivido pienamente, e letteralmente, i quattro macro-step che suggerisce nell’articolo, ciascuno con indicazioni concrete su cosa fare:
Step 1: Disegnare le mappe del nuovo contesto
Step 2: Chiarire il tuo ruolo
Step 3: Costruire ponti, non muri
Step 4: Guidare il cambiamento, un passo alla volta
L’articolo va letto integralmente o, perlomeno, salvato tra i preferiti, perché prima o poi potrebbe tornarti utile. Sono pronto a scommettere che invecchierà benissimo, anche, e soprattutto, nell’era della generative AI.
Se posso aggiungere, avendo vissuto ruoli di questo tipo in contesti diversi e aziende molto differenti tra loro, alcune caratteristiche da avere (o da coltivare) che pagano sempre, almeno nel medio periodo, sono:
🔹 Coerenza con le persone
🔹 Consistenza (o continuità) nei comportamenti
🔹 Trasparenza verso tutti gli stakeholder
🔹 Resilienza nelle situazioni avverse (che arriveranno, garantito) in qualunque viaggio di trasformazione
👅Etica & regolamentazione & impatto sulla società. Offloading non è conoscere: allena gli engrammi e poi lascia che l’AI amplifichi le tue mappe mentali …
Ti confesso che lo studio che ti segnalo in questa sezione della newsletter mi ha fatto riflettere molto nelle ultime settimane e ha messo, almeno in parte, in discussione alcune granitiche convinzioni sull’importanza delle conoscenze dei meccanismi di apprendimento e di ragionamento.
Il contributo che ti segnalo è l’anticipazione di un capitolo del libro «In The Artificial Intelligence Revolution: Challenges and Opportunities» (Springer Nature), attualmente in stampa, intitolato «The Memory Paradox: Why Our Brains Need Knowledge in an Age of AI». Gli autori sono Oakley, B., Johnston, M., Chen, K.-Z., Jung, E. e Sejnowski, T. Ti ho già segnalato in altre newsletter Barbara Oakley perché ha scritto molti libri e contributi interessantissimi sui meccanismi dell’apprendimento e ha anche una newsletter molto utile e ricca di spunti pratici per studenti di qualunque età.
La tesi degli autori è relativamente semplice: nell’era dell’AI, “sapere dove sta” un’informazione non equivale ad averla fatta propria; la possibilità del recupero online porta a ricordare il luogo più del contenuto, con prestazioni sul processo di apprendimento molto diverse. Se questo “offloading” diventa sistematico, la memoria operativa (working memory) si riempie di puntatori e la capacità di sintesi e di ragionamento si deteriora: gli schemi cognitivi, o meglio le strutture di conoscenza, restano superficiali e l’illusione di sapere aumenta. Qui l’effetto Flynn sembra fare da cartina di tornasole: dopo decenni di +3 punti IQ a decennio, le generazioni nate dopo la metà degli anni ’70 mostrano un’inversione di tendenza nei Paesi avanzati, osservabile anche all’interno delle stesse famiglie, segnale che va contro spiegazioni genetiche semplicistiche. La fase temporale coincide con due cambiamenti: una scuola meno centrata su memorizzazione e contenuti, più su “imparare a imparare”; e la digitalizzazione, che rende immediato il ricorso a strumenti. I dati comparativi indicano cali marcati proprio nelle abilità basate su conoscenze (vocaboli, informazioni), mentre velocità di processo e compiti meno dipendenti da sapere acquisito tengono meglio. Mi resta personalmente qualche dubbio sul metodo di misurazione del quoziente di intelligenza e se vi sia una reale causalità tra questi fenomeni piuttosto che mera correlazione. E non è banale capirlo.
Detto questo, nel finale gli autori non demonizzano né gli strumenti digitali né l’AI, ma raccomandano di usarli come complemento a una solida base interna (di conoscenza); il guadagno arriva quando l’AI amplifica mappe mentali già robuste.
In termini più operativi: allena la memoria con richiamo attivo e ripassi distanziati per rinforzare le impronte dei ricordi nel cervello (gli engrammi). Ogni recupero riuscito rende più facile il successivo e, soprattutto, costruisce le basi che ti aiutano a ragionare meglio.
E, per essere coerenti con il messaggio degli autori, leggere tutta la pubblicazione ti aiuterà a rendere più forti gli engrammi di come imparare meglio 🙂
📅 Nel Mio Calendario (passato, presente e futuro)
E’ andato on-line un mio intervento/chiacchierata con Andrea Tironi, fedele supporter di questa newsletter e curatore, tra le altre cose, di una serie di podcast a tema competenze e strumenti di intelligenza artificiale. L’episodio non poteva avere che come titolo L’AI non è solo modelli ma soprattutto cultura dei dati 🙂.
Ho partecipato recentemente al podcast di alcuni amici, tra i quali Stefano Maestri di
, dove abbiamo discusso di Intelligenza Artificiale Ibrida, investimenti, dati e robotica. Trovate tutto qui. Ed è uscito questa settimana anche una piccola discussione che abbiamo fatto “quasi” dietro le quinte.Gli amici di Cosmico hanno messo on-line uno spezzone di un dialogo a tre fatto qualche settimana fa con
e . Nello spezzone racconto brevemente perchè i giovani sono ancora più importanti nel presente … che è qualcosa che mi sta molto a cuore!
Se hai ulteriori suggerimenti e riflessioni sui temi di questo numero o per migliorare questa newsletter scrivimi (st.gatti@gmail.com) o commenta su substack.
Se ti è piaciuta e non sei ancora iscritto lascia la tua mail qui sotto e aiutami a diffonderla!
Alla prossima!





Condivido il ragionamento sulle "tesi di investimento" che devono essere diverse dal passato.
In un mondo di scouting automatico e tramite agenti, la vera differenza la fanno le idee fuori dal coro, che magari un agente skipperebbe perché appunto ragiona in modo fin troppo predictable sulle "custom instructions" fornite
Grazie Stefano, secondo me quelle risorse le usa principalmente chi ha già occhi e orecchie pronte, ma mi auguro sempre che sia la maggioranza silenziosa.