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May 18·edited May 18Liked by Stefano Gatti

Caro Stefano, mi colpisce il fatto che nel numero 110 Mafe De Baggis si presenti dicendo "L’ultimo [mio libro] è In principio era ChatGPT (scritto con Alberto Puliafito)", mentre Alberto Puliafito in questo numero dica semplicemente "Di recente ho scritto In principio era ChatGpt." Come se l'avesse scritto da solo. Detto che ognuno si presenta come vuole e dei libri di cui è coautore può parlare come gli pare e piace, a te non è parsa un'evidente asimmetria?

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@Paola il tema di quando si parla di libri scritti insieme ad altri è delicato e spesso dipende anche dal contesto e dalla brevità della comunicazione. Ho scritto due libri (e mezzo visto che uno è stato tradotto e rivisto in lingua inglese) sempre insieme ad un altra persona e mi capita a seconda degli ambiti e dell'attenzione di citare o meno il coautore anche perchè a volte la comunicazione si appesantisce. E capita anche il viceversa. Conoscendo Alberto e la sua attenzione per diversità e comunità credo sia dovuto anche al fatto che nella newsletter il libro (di cui ho scritto prefazione) sia stato citato più volte con gli autori esplicitati e lui stesso ha inserito il link al libro. Comunque mi sono permesso (perchè so che Alberto apprezza) di aggiungere la nota nell'intervista cogliendo il tuo spunto. Grazie della segnalazione. Non riesco a leggere comunque, conoscendo entrambi gli autori, nulla di asimmetrico. Poteva succedere anche il contrario. Se vuoi la colpa è mia di non aver colto questa asimmetria. Ma per correggermi ci sono gli attenti e affezionati lettori come te. Grazie!!!

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@Stefano, grazie per il commento e grazie per aver aggiunto Mafe.

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Grazie Paola per averlo fatto notare, è stata una mia leggerezza.

Non ho nominato nemmeno le persone con cui faccio altre cose citate per questioni di brevità, e non certo per asimmetria.

Però è assolutamente corretto e giusto che siano citati entrambi gli autori.

Porto ovunque Mafe e il libro – come fa lei con me –, lavoro costantemente per decolonizzare il mondo maschiocentrico del giornalismo, della cultura, del mondo tech (fra due giorni ospito felicemente la fondatrice di Women in AI Ethics a un evento che ho organizzato, per esempio): spero che le mie scuse e i fatti e i comportamenti di anni siano sufficienti a eliminare dubbi di asimmetrie.

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Ciao Stefano, vorrei suggerire ai tuoi lettori due testi, ad integrazione dell'ottimo spunto su KPI e Data Science.

Il primo, "Agile Transformation" di Neil Perkin, riporta un'analisi dell'ex dirigente Apple, Michael Mace, sulla caduta di BlackBerry, come citato nell'approfondimento da te citato, mostrando come il fatturato annuo aumentasse ancora, a due anni dal lancio dell'iPhone sul mercato. Indicatore che si è rivelato una 'vanity metric' per il management di Blackberry.

Mace scrive che i sintomi chiave da osservare erano piuttosto ascrivibili al trend decrescente di due principali indicatori:

>>> il tasso di crescita delle vendite (YOY)

>>> il profitto lordo per unità venduta

Mace osserva che si tratta di condizioni che e’ piu’ probabile osservare spostandosi lungo la curva di adozione del prodotto, dagli early adopters ai late adopters (laggards).

Blackberry stava applicando incentivi sui prezzi, che hanno funzionato ancora per aumentare le vendite, ma possono anche nascondere il fatto che i tuoi principali (e potenzialmente unici) clienti sono la ristretta cerchia dei late adopters o nostalgici.

Il secondo testo "Revolutionizing Business Operations: How to Build Dynamic Processes for Enduring Competitive Advantage", di Tony Saldanha e Filippo Passerini, analizza come la maggior parte dei tentativi di migliorare le operazioni aziendali siano reattivi, sporadici e isolati, piuttosto che fornire un’ottimizzazione costante e continua dei processi a livello aziendale, concentrandosi su tre fattori di cambiamento:

First, “open market rules”—each business process must be run as a separate business, instead of via monolithic mandates coming down from on high. Second, there must be “unified accountability”— outcomes must be clear and consistent across the company, instead of being siloed within departments. And third, there needs to be a “dynamic operating engine,” a methodology to convert the constantly changing business process goals into tactical day-to-day employee actions.

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Ottimi spunti Francesco!

Grazie

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