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Ciao,
sono Stefano Gatti e questo è il centoquarantanovesimo numero della newsletter LaCulturaDelDato: dati & algoritmi attraverso i nostri 5 sensi. Le regole che ci siamo dati per questo viaggio le puoi trovare qui.
Ecco i cinque spunti del centoquarantanovesimo numero:
👃Investimenti in ambito dati e algoritmi. Sappiamo più di quanto possiamo dire: l’AI può davvero superare il Paradosso di Polanyi? E se sì quando?
Il Paradosso di Polanyi potrebbe avere implicazioni più profonde di quanto immaginiamo sugli investimenti che stiamo facendo nelle nostre organizzazioni e nelle start-up protagoniste della costruzione del nuovo stack di intelligenza artificiale generativa. Questo paradosso, formulato dall'economista e filosofo Michael Polanyi, si basa sull'idea che ci sono molte cose che sappiamo fare, ma non sappiamo spiegare come le facciamo. In poche parole: "Sappiamo più di quanto possiamo dire."
Il paradosso sottolinea la difficoltà di codificare formalmente il sapere implicito o tacito, ovvero quelle competenze e conoscenze che utilizziamo in modo intuitivo o automatico, senza essere del tutto consapevoli di come le applichiamo. Questo diventa particolarmente rilevante oggi, soprattutto nel contesto dell'automazione: mentre attività che richiedono conoscenze esplicite (come fare calcoli matematici o seguire una procedura scritta) sono più facili da automatizzare, attività che si basano su conoscenze tacite, come guidare un'auto in situazioni impreviste o interpretare emozioni, rimangono una sfida.
I sistemi di intelligenza artificiale basati sul machine learning riescono (in parte) a superare questa barriera apprendendo dai dati invece di codificare regole esplicite. Tuttavia, ci sono ancora ambiti in cui la conoscenza tacita è difficile da catturare, come la creatività, il giudizio morale o la gestione di situazioni sociali complesse.
Stiamo superando il Paradosso di Polanyi?
Per provare a rispondere a questa domanda ti consiglio di leggere questo articolo di Jeremy Kahn, giornalista esperto di AI, che sostiene che siamo proprio vicini a superare il Paradosso di Polanyi, abbattendo una delle barriere che ha limitato l’aumento della produttività nonostante l'evoluzione tecnologica. Secondo Kahn, il futuro potrebbe essere più roseo e prossimo di quanto pensiamo.
Personalmente, non credo che superare questo paradosso sarà semplice, almeno nel breve-medio periodo (parlo di un orizzonte temporale di una decina d’anni). Le motivazioni principali sono almeno quattro:
Difficoltà e volontà di rendere esplicita la conoscenza implicita. Non sottovalutiamo il fenomeno del "neoluddismo", ossia la resistenza al cambiamento tecnologico di cui si vedono già diversi esempi all’interno delle aziende.
Scarsa consapevolezza degli skill critici delle persone. Le organizzazioni spesso non conoscono appieno le competenze chiave dei propri dipendenti.
Gestione della confidenzialità del know-how strategico. Rendere esplicita la conoscenza può esporre informazioni sensibili al mercato e ai concorrenti
Lentezza storica delle aziende nel cambiare processi. Non solo quelli operativi, ma anche quelli creativi. Come sottolinea
in un interessante post su LinkedIn il cambiamento è essenziale per integrare nuove forme di intelligenza in azienda e trarne vantaggio. Ma non è scontato saperlo fare e questo potrebbe offrire un vantaggio competitivo alle aziende più piccole e agili.
Non ho la sfera di cristallo, e magari il percorso sarà più veloce di quanto immaginiamo. Anche se concordo sul fatto che ciò che descrive Kahn accadrà, resto dubbioso sui tempi e sulle modalità del viaggio.
Per riflettere ulteriormente su questo tema e immaginare scenari utili ecco alcune risorse interessanti:
Ricerca: "From Burnout to Balance: AI-Enhanced Work Models" di Upwork. Un rapporto che esplora i cambiamenti nel mondo del lavoro, con tre suggerimenti utili per i leader impegnati nella transizione.
Riflessione di Nico Orie: Sottolinea come, nel breve periodo, l’AI generativa potrebbe addirittura peggiorare la produttività.
Caso studio: Questo esempio di uso maieutico dell’intelligenza artificiale generativa che fa Symboolic una start-up italiana attiva nel settore.
🖐️Tecnologia (data engineering). Il futuro dello sviluppo software: tra Hybrid AI e nuovi paradigmi
Se potessi dare una sbirciatina, grazie a uno “squarcio” temporale, al futuro… diciamo al 2030, ci sono quattro cose di cui sarei veramente curioso di capire come cambieranno grazie al nuovo stream di Hybrid AI (sì, non possiamo solo e sempre parlare di Generative AI!), e sono:
come cercheremo informazioni (online)
come scriveremo software
come ci formeremo o, meglio, come cambierà il nostro lifetime learning
come ci cureremo o, meglio, come cercheremo di prevenire e curare i nostri problemi di salute.
L’ordine non è casuale, ma segue, secondo il mio punto di vista, la velocità decrescente del cambiamento.
Oggi, in questa sezione, voglio soffermarmi sul secondo punto: come scriveremo software. Condividerò alcune osservazioni e approfondimenti su questo tema, cercando anche di sfatare alcuni luoghi comuni che spesso vengono enfatizzati da chi non ha mai scritto codice. 🙂
Ecco tre riflessioni telegrafiche che trovo interessanti, accompagnate da qualche spunto di approfondimento:
Ricordi quando si diceva che l'IA avrebbe sostituito gli sviluppatori?
“I nostri dati raccontano una storia diversa.”Così inizia il report annuale della più grande community mondiale di sviluppatori, Github. È una lettura che consiglio dall’inizio alla fine. Avrà una certa polarizzazione, ma i dati sembrano inequivocabili:
Gli sviluppatori sono in costante crescita in tutti i continenti.
C’è un aumento delle attività legate allo sviluppo software connesso all’AI.
Python, anche grazie all’effetto “winner takes all” attivato anche dall’AI generativa, si consolida sempre più come leader tra i linguaggi di programmazione.
Jupyter Notebook continua a crescere esponenzialmente (musica per le mie orecchie!).
Agenti, agenti e ancora agenti. Ma ...
Non sarà così banale come molti (che conoscono poco il mondo dello sviluppo software) vogliono farci credere. E non tutto lo sviluppo software sarà sostituito dagli agenti. Se vuoi capirci di più, ti consiglio di partire da chi sperimenta e lavora sul campo.Anthropic ha scritto un articolo che chiarisce bene cosa sono gli agenti, cosa sono i workflow e perché, in molti casi d’uso, i workflow sono meglio.
Hanno anche proposto uno standard chiamato MCP (Model Context Protocol), che funziona come un layer di integrazione tra LLMs e altri sistemi, inclusi i database. Banalizzando (un po’), potrebbe essere ciò che le API sono state per l’integrazione dei sistemi software tradizionali. Anche se siamo ancora nel campo delle ipotesi, credo che qualcosa di simile diventerà essenziale.
Infine, Andrew Ng ha una visione (anzi più di una 🙂) molto interessante sugli agenti per lo sviluppo software, e il progetto Open-hands che cita merita un’occhiata.
La figura professionale dello sviluppatore sta cambiando (inesorabilmente).
Il ruolo del software engineer, del data engineer e di chi scrive codice (inclusi i data scientist) sta subendo un cambiamento forse lento, ma significativo:Potrebbe essere diverso dai cambiamenti del passato: non sarà necessariamente guidato solo dai più giovani. Ti consiglio l’articolo di Andre Retterath o direttamente il paper che commenta, se vuoi approfondire il tema.
I nuovi strumenti per sviluppare codice stanno diventando sempre più evoluti, e The Pragmatic Engineer offre un’analisi molto efficace su questo.
Come sottolinea Andrew Ng nei suoi auguri natalizi, il divario tra chi sa usare strumenti di intelligenza artificiale e chi non li utilizza è destinato ad aumentare. E non possiamo ignorare, a proposito di questo, quello che Ben Lorica definisce l’AI-powered developer: una figura che sarà sempre più centrale.
👂🏾Organizzazione e cultura dei dati e algoritmi nelle organizzazioni. Manager vs Leader: sfide, antipatterns e consigli per il futuro
Il mestiere del manager potrebbe non avere un grande futuro, come scrive
in un post di inizio anno. La transizione da manager a leader, inoltre, non è facile né per tutti (i manager).Credo che i cambiamenti nelle nostre organizzazioni, sicuramente accelerati dall’uso dell’intelligenza artificiale generativa, saranno più lenti di quanto immaginiamo, ma anche più inesorabili. Proprio per questo è fondamentale riflettere sul ruolo del manager, soprattutto in ambiti tecnici come quello dei data-expert, dove il ruolo assume caratteristiche, problematiche e prospettive molto specifiche.
A tal proposito, ti consiglio uno dei migliori contributi che ho letto finora: un articolo di Ted Neward, professionista del settore dello sviluppo software. Neward, noto per i suoi interventi in conferenze internazionali e per le sue collaborazioni con pubblicazioni legate agli ecosistemi Java e .NET, gestisce anche uno splendido WOG (un mix, come lo definisce lui, tra wiki e blog). Qui affronta anche temi di managerialità con un approccio analitico e molto pratico.
Se sei interessato a questi argomenti, non perderti la sua pagina Manager Tips, dove raccoglie consigli essenziali per manager o per chi deve sceglierne uno. I miei due consigli preferiti? “Hire the Fired” e “An Engineering Manager Challenge”.
E se sei già un manager, ti consiglio di dare un’occhiata alla sua lista di Manager Antipatterns: troverai sicuramente le caratteristiche di alcuni manager con cui hai lavorato (o stai lavorando). I più comuni che ho incontrato? “The Perfectionist Manager” e “The Tech Lead Manager”.
Buona lettura! 😉
👀 Data Science. Formazione senza stress? Scopri le novità di Calmcode (un progetto da non perdere)
Dal momento che mi chiedete spesso consigli per la vostra formazione, non posso che segnalarvi l’evoluzione di una delle mie piattaforme di apprendimento preferite per strumenti open source e concetti moderni legati alla programmazione e alla data science. Sto parlando di Calmcode, di cui vi avevo già parlato nel numero 30 di questa newsletter. All’epoca era un progetto hobbystico creato dall’esperto programmatore olandese Vincent Warmerdam, ma da metà 2024 il progetto ha fatto un grande salto di qualità. Ora non è più gestito solo da Warmerdam, ma ha mantenuto il suo spirito originale: rendere l'apprendimento di nuovi strumenti e tecniche legate al mondo della programmazione un'esperienza piacevole e senza stress, grazie a un’ottima architettura dell’informazione.
Gli argomenti sono organizzati in domini verticali e seguono un approccio molto vicino al micro-learning. I più di 90 corsi disponibili sono strutturati in 8-10 video ciascuno, molto brevi, della durata di 2-3 minuti l’uno. Il tutto è realizzato con cura e precisione. Oltre ai video, troverai la trascrizione completa del codice e dei punti principali dell’audio.
Da luglio 2024 sono state introdotte nuove sezioni che rendono il sito ancora più interessante:
Sezione Sfide: per imparare giocando.
Sezione TIL (Today I Learned): raccoglie mini-trucchi per risolvere quei piccoli problemi che fanno perdere tanto tempo a chi sviluppa codice
Sezione Dataset: con raccolte di dati utili e facili da usare per chi sta imparando.
Sezione Blog: dove trovano spazio approfondimenti che stimolano la curiosità, come il caso del test di Turing inverso. 😊
Infine, Warmerdam sta scrivendo un libro di “Data Science Fiction”, che traduce bene il sottotitolo: "aspettative non realizzate". Anche se il libro non è ancora terminato, sono già disponibili alcuni capitoli, molto istruttivi, soprattutto per chi si sta avvicinando alla data science o non ha ancora molta esperienza in azienda. Nessuna linea di codice, ma un sacco di esperienza pratica da condividere. 😊
👅Etica & regolamentazione & impatto sulla società. AlphaFold: una rivoluzione continua nella biologia strutturale
Era nel numero 28 della nostra newsletter, uscita a settembre 2022, l’argomento che vi era piaciuto di più. La rilevanza del progetto e il suo impatto sulla nostra salute, del resto, non sono certo diminuiti. Più di due anni fa vi avevo parlato di AlphaFold (allora in versione 2), lo straordinario strumento di intelligenza artificiale sviluppato da DeepMind (parte del gruppo Alphabet), che ha segnato una svolta nella comprensione delle strutture proteiche.
AlphaFold è, di fatto, una brillante applicazione dei Transformers, la tipologia di reti neurali utilizzata anche dagli attuali modelli di linguaggio come GPT, adattata per risolvere problemi complessi di biologia strutturale.
Quali sono state le novità in questi ultimi due anni?
Riconoscimenti internazionali
Nel 2024, Demis Hassabis e John Jumper di DeepMind e promotori con ruoli diversi del progetto AlphaFold, insieme a David Baker dell'Università di Washington, hanno ricevuto il Premio Nobel per la Chimica per i loro contributi nella predizione delle strutture proteiche mediante l'intelligenza artificiale.
Evoluzione tecnologica
Nel maggio 2024, è stato rilasciato AlphaFold 3, che estende le capacità del suo predecessore, prevedendo non solo le strutture proteiche, ma anche le interazioni con altre molecole biologiche, come DNA e RNA. Questo avanzamento promette di accelerare ulteriormente la ricerca farmaceutica e la scoperta di nuovi farmaci. Anche AlphaFold 3, come la versione precedente, è stato reso open source, permettendo alla comunità scientifica globale di accedere liberamente alle sue capacità avanzate per la ricerca non commerciale.
Come scrivevo già due anni fa, navigare nel database di AlphaFold e osservare i dati e le strutture di oltre 250 milioni di proteine (253.682.368 per l’esattezza a novembre 2024) è un’esperienza che continua a emozionarmi. Puoi, per esempio, esplorare la struttura del recettore GLP-1, il target del famoso semaglutide usato nei farmaci antidiabetici e antiobesità (come Ozempic), oppure analizzare il precursore umano del glucagone, dal quale deriva il GLP-1 naturale.
AlphaFold rappresenta un esempio virtuoso di come l'intelligenza artificiale possa essere al servizio del bene comune. Tuttavia, ci ricorda anche l'importanza di affrontare con serietà il tema delle sue implicazioni etiche e regolamentari, soprattutto per garantire l’accessibilità a un corpo informativo così strategico.
Se hai ulteriori suggerimenti e riflessioni sui temi di questo numero o per migliorare questa newsletter scrivimi (st.gatti@gmail.com) o commenta su substack.
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Alla prossima!
Oddio, il paradosso di Polany è un paradosso per lui... TI assicuro che non è affatto un paradosso che chi come me si occupa da sempre di formazione degli adulti. C'è un cosa di cui di solito gli informatici non si rendono conto e cioè che i processi di apprendimento degli esseri umano NON sono processi di natura informatica. Sono processi di natura psicologica e sociale che comprendono un importante aspetto emotivo. Se ne occupa una cosa chiamata psicologia dell'apprendimento e siccome gli esseri umani non sono macchine sarebbe bene almeno sapere che esiste.
In particolare la capacità di rendere esplicita la conoscenza tacita è una delle competenze di base di qualunque formatore esperto. Io l'ho sempre insegnata nei miei corsi per la formazione dei formatori, da più di 30 anni. Zero novità qui. Anzi.
Quanto alla possibilità di insegnare competenze di tipo creativo ed estetico. Molti pensano che non si possa fare. Invece il punto è che non sanno come farlo. Di certo non servono le solite noiose lezioni a base di tonnellate (virtuali) di slide e slogan ritriti. Un pioniere in questo è stato per esempio Hubert Jaoui ( https://it.wikipedia.org/wiki/Hubert_Jaoui) ma non è l'unico e sono cose di 50-60anni fa. Ci sono stati progressi da allora. Anche qui novità zero.