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Ciao,
sono Stefano Gatti e questo è il centosettantesimo numero della newsletter LaCulturaDelDato: dati & algoritmi attraverso i nostri 5 sensi. Le regole che ci siamo dati per questo viaggio le puoi trovare qui.
📚 Un piccolo reminder, nel caso ti sia perso la scorsa puntata.
È appena uscito un libro che ho scritto insieme ad Alberto Danese sull’intelligenza artificiale (non solo quella generativa!).Il nostro obiettivo è stato quello di offrire una mappa in 4 dimensioni, come dice il titolo, per orientarsi meglio in questo campo così complesso e affascinante. E sembra che l'approccio stia piacendo, a giudicare dalle classifiche di Amazon!
Abbiamo cercato di scriverlo in modo chiaro, accessibile, per chiunque voglia capirci qualcosa di più, senza perdersi nei tecnicismi. Se ti interessa, qui trovi sia l’e-book che il cartaceo a colori . E se lo hai già letto, puoi lasciare una recensione ed aiutare chi si vuole orientare nel mondo dell'AI!
Ecco i cinque spunti del centosettantesimo numero:
👂🏾Organizzazione e cultura dei dati e algoritmi nelle organizzazioni. HR + AI = HRAi Come Moderna sta ripensando il futuro del lavoro
Un mese fa, nell’edizione 165 di questa newsletter e proprio in questa sezione, ti avevo raccontato come l’AI Recruiting dovrebbe diventare una competenza di tutte le persone che lavorano in azienda — in primis chi guida team e, naturalmente, il dipartimento delle risorse umane.
C’è però chi ha fatto un passo in più, creando il dipartimento delle risorse umane e algoritmiche. E no, non stiamo parlando di una piccola startup californiana formata da una decina di super nerd, ma della multinazionale biotech Moderna.
Nell’approfondimento che ti consiglio di leggere, Azeem Azhar, nella sua bellissima newsletter Exponential View, scrive:
“Moderna sta fondendo le sue funzioni HR e IT in un unico dipartimento. Questo capovolge il vecchio assunto secondo cui le persone sono l'unità di produzione predefinita e rende l'architettura dei compiti il principale fattore di costo, velocità e conformità. La domanda centrale è: ‘Quali flussi di lavoro possono gestire oggi le intelligenze artificiali e quali capacità umane sono ancora scarse?’
Il ruolo combinato di ‘Chief People & Digital Technology Officer’ indica che i futuri dirigenti dovranno essere esperti sia di progettazione organizzativa che di ingegneria dei sistemi di intelligenza artificiale. Le aziende che non riescono a costruire questa competenza ibrida faranno fatica a consolidare i guadagni dell'IA o a salvaguardare la cultura con l'accelerazione dell'automazione.
Nonostante il fatturato record dell'IA, Microsoft ha tagliato il 3% della sua forza lavoro impiegatizia per liberare investimenti per le GPU, mentre Klarna, dopo essersi vantata di aver sostituito settecento agenti del servizio clienti con un chatbot, sta riassumendo personale per colmare le lacune di esperienza. Entrambi questi esempi confermano la tesi di Moderna secondo cui la capacità complessiva dell'azienda è una funzione sia delle persone che della tecnologia e deve essere considerata come tale.”
Se vuoi leggere i dettagli della trasformazione in corso in Moderna, dai un’occhiata a questo articolo del Wall Street Journal, che racconta anche i numeri di questo cambiamento: oltre 3.000 GPT sviluppati internamente per automatizzare una marea di attività!
Ma siamo solo all’inizio di un’altra grande trasformazione che sta per avvenire dentro le nostre aziende. Se vuoi leggere i numeri del presente di questa transizione, il report di Microsoft — pur con una prospettiva di parte — fornisce diversi dati interessanti da cui partire.
E se invece vuoi capire quanto questa trasformazione non sia affatto scontata o facile, anche guardando al passato, ti consiglio un altro pezzo: quello di uno dei VC più visionari, Angular Ventures, che ci racconta come la storia delle fotocamere digitali e dei MOOC (i corsi di formazione online) non abbia trasformato le professioni legate a questi strumenti come si pensava. Come si legge nell’articolo:
“Il divario tra una demo accattivante di AI e un flusso di lavoro realmente operativo basato sull’AI è ancora piuttosto ampio… e la ragione più profonda è un’altra, e la conosciamo bene anche grazie alla nostra esperienza diretta con Airtable: il vero ostacolo allo sviluppo del no-code non è mai stata la tecnologia in sé, ma qualcosa di molto più essenziale: la motivazione umana, il desiderio di fare davvero qualcosa (di diverso).”
👃Investimenti in ambito dati e algoritmi. DJ Patil e quella nota (agile) dalla Casa Bianca che ogni data team dovrebbe appendere al muro
Se oggi il termine “data scientist” è di dominio comune, lo dobbiamo anche a DJ Patil. Matematico di formazione, ha iniziato la sua carriera sviluppando modelli predittivi per il clima e le onde oceaniche. Ma è nella Silicon Valley che ha lasciato il segno: ha guidato i team dati di LinkedIn e eBay, contribuendo a creare prodotti intelligenti basati su raccomandazioni e network analysis.
È stato uno dei primi a capire che i dati non servono solo a ottimizzare, ma a costruire sistemi, abilitare decisioni e ridisegnare il mondo. Insieme a Jeff Hammerbacher (Facebook), è stato tra i primi a usare e diffondere il titolo di Data Scientist.
Nel 2015, la svolta pubblica: Barack Obama lo nomina Chief Data Scientist degli Stati Uniti, con il mandato di usare i dati per migliorare la vita delle persone. Lavora su crisi sanitarie, giustizia predittiva, medicina personalizzata, etica dell’algoritmo. E soprattutto: crea cultura.
È proprio durante quell’esperienza che scrive una nota che ho sempre considerato decisamente iconica, sulla carta intestata della Casa Bianca. È qualcosa che, a mio giudizio, coglie in profondità la sintesi di un buon utilizzo di dati, algoritmi e un modello operativo agile per avere impatto significativo sul mondo. È una guida operativa, strategica, umana. Un manifesto in nove righe:
Dream in years, Plan in months, Evaluate in weeks, Ship daily
Prototype for 1x, Build for 10x, Engineer for 100x
What’s required to cut the timeline in ½?, What needs to be done to double the impact?
📊 Per un data scientist, è una road map: visione di lungo periodo, velocità nell’esecuzione, attenzione all’impatto reale.
💸 Per un investitore, è una griglia di lettura per valutare chi sa prototipare velocemente, ma anche costruire per scala e resilienza.
🖐️Tecnologia (data engineering). Dati ovunque, ma dove li metti? Blewitt ti dà 7 buone idee
Raccogliere dati e informazioni in maniera più o meno strutturata è uno di quegli asset che, nell’era dell’AI ovunque, non solo non ha perso valore, ma lo ha addirittura aumentato. Qualche settimana fa ti avevo condiviso un saggio unico di
proprio sul tema, tutt’altro che scontato, del valore dei dati. Oggi ti consiglio un approfondimento tecnico, perché anche il mondo dei database negli ultimi 20 anni ha subito profonde trasformazioni. Dal dominio quasi incontrastato dei database relazionali, si è passati a una specializzazione molto più marcata, e in certi casi a una separazione meno rigida, con strutture più vicine a come si memorizzavano i dati direttamente nel codice o comunque a topologie non solo relazionali. Tutto il mondo dei database definiti NoSQL ne è un esempio.Proprio per darti, se non ce l’hai già, una prospettiva sull’evoluzione di questo mondo, ti consiglio di leggere l’interessante articolo di Matt Blewitt che, con un formato molto accattivante, ci aiuta a esplorare le caratteristiche di sette tra i database che reputa interessanti, con peculiarità molto diverse tra loro. Potresti non conoscerli tutti, almeno non in tutte le sfaccettature che Blewitt analizza. Chiaramente la mappa non è il territorio, e non basta leggere l’articolo per comprendere a fondo le caratteristiche di questi sistemi. Ma rappresenta comunque una buona base di partenza per iniziare la tua esplorazione. Non tutti i database citati sono tra i più diffusi al mondo, come puoi verificare dal sistema di ranking più autorevole sul tema, ma proprio per questo, e per il modo in cui Blewitt argomenta le sue scelte, potresti scoprire un database destinato a un grande utilizzo, magari prima degli altri.
Se poi utilizzi sistemi che memorizzano dati per progetti personali o non troppo grandi, ti consiglio di dare un’occhiata a Teable: un’alternativa open-source ad Airtable che sta riscuotendo un discreto successo 🚀
👀 Data Science. Presentazioni coi dati? Parti da qui: Data to Viz e le griglie fantasma
Essendo, a causa della mia diversamente giovane età, sempre più spesso dalla parte di chi “subisce” una presentazione con una forte componente di data analysis, ho imparato ad apprezzare sempre di più la data visualization come componente chiave per valorizzare il duro lavoro di analisi e, soprattutto, le conclusioni di chi quell’analisi l’ha fatta.
Non ero così sensibile a questo tema quando ero, più spesso, nel ruolo di chi le analisi e le presentazioni le realizzava. E ho colpevolmente dedicato troppo poco tempo al design della data-viz. Che non vuol dire solo farla bella, ma farla chiara, semplice, e con una buona evidenza dei contenuti più importanti che si vogliono veicolare o su cui si vuole portare l’audience a riflettere.
Per questo sono decisamente felice di riproporre due argomenti che erano stati tra i più approfonditi nella puntata 49 della newsletter, perché hanno entrambi a che vedere con l’efficacia della presentazione e la chiarezza dei messaggi veicolati.
Il primo consiglio è un sito che ti può aiutare a scegliere il tipo di grafico da usare, partendo dalla tipologia di dato a disposizione e, soprattutto, dall’obiettivo principale della tua presentazione. Data to Viz fa proprio questo, e lo fa in maniera visualmente ineccepibile! ✨
Il secondo contenuto arriva dal meraviglioso sito Sketchplanations e potrebbe sembrare un tema molto di dettaglio: la presenza (e il senso) delle griglie in un grafico. In realtà non lo è, soprattutto quando la griglia viene usata in maniera magari invisibile:
“Una griglia fantasma è una guida per organizzare pensieri, informazioni e schizzi, che non entra in competizione con i contenuti … essa è utile come struttura nella fase di creazione, ma deve allontanarsi dal contenuto o scomparire quando non è più necessaria. Come per liberare i dati dalla loro prigione, una griglia fantasma enfatizza i contenuti e le informazioni senza che l'attenzione sia catturata da un inchiostro diverso dai dati.”
👅Etica & regolamentazione & impatto sulla società. Gli errori dell’AI non sono come i nostri (ed è meglio saperlo prima)
Le intelligenze artificiali generative sbagliano in modo molto diverso da noi esseri umani, e dobbiamo imparare a capire come e quando lo fanno, per renderci più resilienti di fronte ai loro errori. Questa è, in estrema sintesi, l’idea centrale di un articolo molto interessante pubblicato su IEEE Spectrum, dal titolo piuttosto esplicito: “AI Mistakes Are Very Different From Human Mistakes”.
Dire “in maniera molto diversa”, secondo me, è un po’ eccessivo: più li usiamo, più ci accorgiamo che esistono pattern ricorrenti negli errori, anche a seconda del tipo di modello. Ma resta il fatto che, con un uso sempre più “autonomo” di questi sistemi, è fondamentale costruire artefatti e strutture che aiutino a prevenire gli errori principali — soprattutto in contesti critici.
Schneier & Sanders, gli autori dell’articolo, spiegano molto bene questo punto già nelle prime righe:
“Nel corso dei millenni, abbiamo creato sistemi di sicurezza per affrontare i tipi di errori che gli esseri umani commettono comunemente. Oggi, ad esempio, i casinò ruotano regolarmente i loro croupier, perché tendono a sbagliare se svolgono lo stesso compito troppo a lungo. Il personale ospedaliero scrive sugli arti prima degli interventi chirurgici per assicurarsi che i medici operino la parte del corpo corretta, e conta gli strumenti chirurgici per verificare che nessuno venga lasciato nel corpo. Dalla correzione delle bozze alla contabilità a partita doppia, fino ai tribunali d'appello, noi umani siamo diventati davvero bravi a correggere gli errori umani.”
Senza dubbio l’AI Act rappresenta, al momento, il miglior tentativo di evitare situazioni disastrose e distopiche in scenari ad alta criticità. Ma siccome le intelligenze artificiali generative vengono già utilizzate per decisioni personali — spesso anche mediate dall’intervento umano — iniziare a costruire schemi mentali e strumenti per usarle al meglio può essere già un primo passo verso la soluzione del problema. E questo articolo può essere un ottimo punto di partenza 🙂
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Giovedì 19 giugno, alle 19, Torino, The Beach, Futures Party. Iscriversi qui scrivendo il mio nome nel campo "Da chi ho ricevuto l'invito"
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